In relazione alla sentenza del Tribunale di Milano n. 10593/2024, sulla presunta indebita trattenuta della quota di aggio ai produttori apolidi, SCF intende precisare quanto segue.
In primo luogo, il recente comunicato di Tattica distorce il contenuto della sentenza, omettendo di menzionare tutte le circostanze e tralasciando i passaggi in cui il Tribunale ha riconosciuto come legittima l’attività di gestione svolta negli anni da SCF nell’interesse dei produttori fonografici non associati alla collecting, assoggettandola alla relativa disciplina codicistica.
Tali produttori, ai quali sono state immediatamente ripartite le somme raccolte, hanno beneficiato dell’attività di SCF nei confronti degli utilizzatori, evitando la dispersione o il non riconoscimento di diritti dovuti per legge.
In secondo luogo, la decisione ha trascurato alcune caratteristiche della posizione giuridica di SCF nella sua veste di organismo di gestione collettiva e consorzio.
SCF ritiene errata la conclusione raggiunta dalla pronuncia evocata da Tattica, che ritiene non dovuto l’aggio applicato da SCF sull’assunto che esso sia il corrispettivo dell'attività di raccolta (svolta anche per conto degli apolidi).
La sentenza non coglie un aspetto essenziale della vicenda: l’aggio applicato da SCF (che, in particolare negli anni oggetto di giudizio, essendo un consorzio non operava a fini di lucro nemmeno sulla carta) deve essere rimborsato al pari di ogni spesa sostenuta nel corso dell'attività svolta nella gestione d’affari, in ossequio al codice civile.
Va anche ricordato che una direttiva europea abbia da ultimo sancito la piena validità della pratica delle licenze collettive con effetto esteso anche ai produttori fonografici apolidi, precisando che nell’intermediazione dei diritti connessi di spettanza dei titolari di diritti apolidi debba essere sempre assicurata parità di trattamento con i produttori fonografici che abbiano conferito mandato alla collecting più rappresentativa. Ciò conferma, una volta ancora, la piena legittimità dell’agire di SCF, il cui operato risultava conforme alla direttiva prima ancora del suo formale recepimento in Italia.
SCF evidenzia, inoltre, come l’identificazione dei produttori apolidi - ai fini della successiva ripartizione dei diritti riscossi nel loro interesse da SCF - mediante pubblicazione dei relativi dati su un’apposita sezione del sito della collecting dedicata alle c.d. “Titolarità non reclamate” – risulta perfettamente conforme a quanto previsto dal D.Lgs. 35/2017 di attuazione della Direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e connessi. Pertanto, la Società non può che respingere al mittente le insinuazioni sulla dubbia correttezza e trasparenza del suo operato adombrate dal comunicato in oggetto.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza del Tribunale di Milano attiene ad una vicenda dalle specifiche caratteristiche e sarà ovviamente oggetto di impugnazione in appello.