La sentenza n. 75/2019 (pubblicata il 25/02/2019) ha affermato, in particolare, che la finalità lucrativa non può essere ravvisata soltanto nei casi in cui la diffusione di brani musicali rappresenti la prestazione a favore dei relativi fruitori nell’ambito di uno specifico rapporto sinallagmatico ma “essa va invece riconosciuta in ogni situazione in cui la diffusione della musica non abbia svolto funzione di mero diletto, ma abbia costituito conseguenza di un investimento patrimoniale finalizzato alla realizzazione di obiettivi economici, quale quello dell'incremento delle vendite, oppure anche soltanto della realizzazione di un ambiente consono alle esigenze attuali del mercato nel settore di competenza”.
Da ciò consegue, sul piano oggettivo, che la fattispecie incriminatrice deve ritenersi integrata mentre, sul piano soggettivo, non trova spazio l’esimente invocata dall’appellante circa l'erronea supposizione della debenza del solo contributo SIAE, posto che “tale supposizione deve presumersi conseguente all'omessa effettuazione dei dovuti accertamenti al riguardo (agevolmente ottenibili anche con semplice ricerca in internet mediante normali motori di ricerca)”.
Da ultimo la Corte ha ribadito l’impossibilità di applicare la regola del cumulo giuridico, dal momento che il disposto di cui all'art. 174-bis della Legge 633/1941 (norma speciale rispetto a quella generale di cui all'art. 8 della Legge 689/1981) stabilisce espressamente che la sanzione amministrativa si applica nella misura stabilita “per ogni violazione” e “per ogni esemplare” abusivamente duplicato o riprodotto".
La Corte d’Appello di Brescia ha pertanto confermato la condanna del titolare dell’esercizio commerciale al pagamento della sanzione amministrativa, pari ad Euro 69.319,00, a fronte dell’avvenuta diffusione di musica all’interno dei punti vendita in assenza della necessaria licenza SCF.