In data 17 giugno 2019 il Tribunale Penale di Novara ha depositato le motivazioni della sentenza n. 1760/17 reg. gen. che ha ritenuto l’imputato responsabile dei reati di cui agli artt. 81 c.p. e 171 ter Legge 633/1941 (c.d. Legge sul Diritto d’autore - L.d.A.).
Nel corso delle azioni di prevenzione e repressione delle violazioni in materia di diritto d’autore e diritti connessi, la Guardia di Finanza di Novara aveva effettuato in data 7/6/2012 una verifica nei confronti di un Music Provider, accertando che la società aveva riprodotto un numero di brani musicali tutelati superiore a quello consentito nella licenza rilasciata da SCF. Alla data del controllo la G.d.F., infatti, aveva appurato che la società di music provider gestiva 317 apparecchi presso i propri clienti sulla cui memoria erano presenti ben 459.518 brani musicali (contro i 26 apparecchi e 600 brani dichiarati a SCF per lo stesso periodo).
Il Giudice ha in primo luogo precisato che perché possa dirsi integrata a fattispecie criminosa di cui all’art. 171 ter co. 1 L.d.A. è necessario che la condotta illecita posta in essere sia caratterizzata oltre che dall’abusività (assenza della autorizzazione da parte del titolare del diritto d’autore e dei diritti connessi) anche dall’uso non personale e del fine di lucro. Tali elementi trovano pieno riscontro nell’attività esercitata dal Music Provider che “offre ai propri clienti servizi di trasmissione radio in store con aggiornamento di brani musicali tutelati dietro corrispettivo [...] correlato al numero di apparecchi installati presso i punti vendita”.
Nel caso in esame la quantità di brani riprodotta era in misura notevolmente superiore a quella coperta dalla licenza SCF. Si legge nelle motivazioni che l’attività di riproduzione dei brani nell’ambito dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del Music Provider rientra, tra “le condotte oggetto di specifica autorizzazione da parte del soggetto titolare del diritto d’autore e dei diritti connessi, in forza dell’art. 72 lett a) L.d.A. con la conseguenza che, in mancanza della stessa, si vene a configurare quella condotta abusiva citata dall’art. 171 ter L.d.A quale presupposto di un’attività penalmente rilevante”.
Sul punto anche la Cassazione è intervenuta statuendo che “la diffusione di tracce musicali, avvenuta in assenza di qualunque titolo abilitativo, configura quella attività di sfruttamento dell’opera “senza averne diritto” che è prevista dalla norma incriminatrice contestata” (Cass. Pen. Sez. III 7.2.2017 n 34172).
La circostanza che a seguito dell’accertamento eseguito dalla G.d.F. il Music Provider abbia provveduto ad integrare le licenze (SIAE e SCF) già in suo possesso, versando i corrispettivi dovuti per le omesse dichiarazioni ovviamente non estingue il reato che in quanto “reato istantaneo” si era già perfezionato al momento della fruizione dell’opera.
Concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione del reato, l’imputato è stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione e a € 3.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.